E cosi', finalmente, ieri sera sono riuscito a vedere "La versione di Barney" al cinema. Il film era in prima visione cittadina, e il fatto che la cosa sia avvenuta circa quattro mesi dopo l'uscita della pellicola sul circuito nazionale da' la cifra della condizione drammatica in cui versano le sale della mia citta'. Ma andiamo a parlare brevemente del film, che e' meglio...
Tra il libro di Richler e la pellicola di Lewis c'e' una certa distanza, non tanta quanto mi ero aspettato dopo aver letto innumerevoli recensioni, ma avvertibile. All'uscita ho sentito persone che si lamentavano di come il libro fosse piu' cinico, piu' graffiante rispetto al film (e' la vulgata che va per la maggiore e quindi adattissima a un commento caldo mainstream, magari dato senza nemmeno averlo letto, il libro). Si, puo' essere fino a un certo punto vero, ma il libro ha a disposizione tempo e pagine che il film -per evidenti esigenze di durata- non ha. E sospetto che Lewis, al contrario di Allen, non abbia dimestichezza con le bettute Yiddish... I personaggi sono comunque interpretati magistralmente, e Dustin Hoffman nella parte del padre di Barney e' semplicemente strepitoso.La cosa positiva, secondo me, e' che Lewis ha esaltato il messaggio di fondo del libro di Richler (che e' alla fine la filosofia di vita di Boogie, l'amico scrittore fallito): la vita e' una sola, e merita di essere goduta appieno, facendo pero' estrema attenzione alla sua fragilita', in tutti i sensi: si puo' perderla, o perdere la donna che si e' disperatamente inseguito ed amato per decenni per una cazzata di un minuto.
E' un film sulla morte, insomma, e sull'ineluttabilita' della stessa. Vista dal punto di vista distaccato e amaro di un ebreo che ha deciso di non farsi mai travolgere del destino.
In fondo la sostanziale differenza con il libro sta nella minore "cattiveria" del Barney interpretato assai bene da Giamatti, e nell'accentuazione della sua bonta' alla fine. Anche il disvelamento della sorte che Boogie ha avuto trent'anni prima e' "for real dummies", e non lascia adito ad alcun fraintendimento, almeno in soggetti mediamente intelligenti [esclusi come sempre i leghisti a' la' Borghezio].
Vi sono alcune scene fondamentali, soprattutto nella parte-Miriam (che e' LA moglie delle tre che Barney ha durante la sua lunga vita) che commuovono certamente piu' gli uomini che le donne, e aver letto il libro aiuta a seguire una storia che altrimenti in certe sfumature non e' immediata. Non posso che consigliarne la visione, magari prima di rincoglionirvi del tutto come succede a Panofsky alla fine, quando per lui anche accendere uno dei suoi amati Montecristo diventa impresa impossibile.
Un film che, come il libro, e' una dichiarazione d'amore per tutte le Miriam del mondo, e per la vita. Che e' davvero una sola, e che davvero vale la pena di vivere senza remore.
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