Il rischio nello scrivere un romanzo di fantascienza che parte dall'Iliade di Omero, la intreccia con tecnologie iperfuturistiche, vi inserisce elementi di meccanica quantistica a brancate, e condisce il tutto con massicce dosi di Shakespeare e Proust citati da androidi provenienti dai satelliti di Giove... il rischio si diceva e' quello -ovvio- di fare un pastone che nemmeno il cane di Ulisse lo avvicinerebbe.
E invece Simmons ha tirato fuori un altro ciclo da leggere assolutamente, come Hyperion: un meta-romanzo in cui le citazioni letterarie "colte" sono cosi' tante che e' impossibile coglierle tutte. Dalla "Tempesta" di Shakespeare, i cui personaggi sono quasi tutti presenti, a interi brani della "Recherche" di Proust, a -chiaramente- passi di Iliade, Eneide ed Odissea, passando per Coleridge e William Blake. E scordo di certo una decina di altri riferimenti.
Nelle centinaia di pagine dell'opera si mescolano differenti piani narrativi e universi paralleli, spaziotemporalmente distinti ma destinati a convergere, in parte, alla fine del romanzo: l'epoca della guerra di Troia, un futuro imprecisato in cui la Terra e' abitata da poche centinaia di migliaia di persone, e un periodo/una Terra in mezzo a questi due. I grandi protagonisti dell'Iliade ci sono tutti, e terranno banco sino alla fine: Achille, Ettore, Elena, Paride, Cassandra, Ulisse, Menelao, Aiace... tutti gli dei con i lori vizi e le loro particolarita'... l'Olimpo e il Tartaro... ma anche Giove, Marte, -intesi come pianeti- e manufatti alieni in orbita geostazionaria terrestre...
Insomma: una ennesima prova di ardimento per Simmons, che supera di slancio la difficolta' e riesce benissimo in questo triplo salto mortale senza rete.
Barney
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