7.11.10

L'importanza delle parole (e del loro significato)

L'altro giorno, a scuola di mia figlia, m'e' caduto l'occhio su un volantino stampato dal Dirigente Scolastico (quello che una volta si chiamava Preside), che protestava per una decisione dell'assessore comunale.
Non e' importante il contenuto del volantino, ne' il motivo della protesta, ma l'uso massiccio e massivo della parola "democrazia" sin dal titolone, e poi giù giù nel corpo del testo, come un mantra da ripetere ogni tre per due.

Questo mi ha fatto pensare a come -oggi- le parole ed il loro reale significato siano meno importanti di quanto lo fossero per Michele Apicella, e in special modo a come tre parole abbiano in pratica monopolizzato la politica.

Le tre parole sono "Democrazia", "Liberta'", e "Legalita'".

E' interessante notare come la "democrazia", come parola, sia appannaggio del centrosinistra. "Liberta'" e' invece ovviamente un tesoretto del centrodestra, (in entrambi i casi gia' il nome degli schieramenti contiene la parola-totem), e la "legalita'" la si spande a piene mani tra il popolo viola/i grillini/l'IdV.

Ma ancora piu' interessante e' verificare cosa significhino davvero, queste tre parole, per i rispettivi schieramenti.

"Democrazia" per il PD e' possibilita' di scegliere democraticamente tra quelli che il partito ha deciso fossero degli di esser scelti. Sia nelle Primarie, sia alle elezioni politiche (forse non tutti sanno che la legge "porcata" fatta da Calderoli e' identica a quella della Regione Toscana, proposta dal PDS e avallata a suo tempo da FI e AN), sia soprattutto nella linea politica da seguire. Giovanni Lindo Ferretti, prima di fumarsi il cervello, cantava perlappunto nei CCCP-Fedeli alla linea. A quella dettata dal Partito, ovviamente, sotto dettatura del Politburo. Un esempio fresco fresco di come il PD declina la parola "democrazia": ieri sera una mia amica, che e' divenuta un pezzo grosso della segreteria di Bersani, raccontava su Facebook delle fatiche del fine settimana passato a elaborare non so quale documento programmatico. Qualcuno si e' permesso di far notare che lo stesso giorno Renzi aveva tirato su un simpatico evento che "rottamava" i "vecchi" del PD. La reazione e' stata: se volete parlare di quel che faccio io -e, per estensione, di quello che fa Bersani, e quindi il PD "serio"-, bene, altrimenti fuori di qui. Democrazia, appunto.

Non e' che a destra le cose stiano meglio. Li' c'e' la liberta' di fare quel che ti pare, basta che tu non ti azzardi a contraddire o criticare il piccolo capo. Se lui dice "nero", e' nero. E se tu dici "bianco", semplicemente sei fuori. Liberissimo di dirlo, sia chiaro. Ma poi non ti lamentare se ti cacciano.
L'esempio di Fini e' troppo facile: Guzzanti e' forse meglio, ma pure Taormina ha fatto la stessa fine. Liberi di andarsene appena le loro idee si son fatte troppo diverse da quelle di Silvio.


E la "Legalita'", cavallo di battaglia di Grillo/DiPietro e del popolo viola? Beh, anche quella vale solo per gli altri: qua l'esempio banale -ma mai troppo rammentato- e' quello di Beppe Grillo, che strolaga di un parlamento libero da condannati anche solo in primo grado, e poi lui stesso e' stato condannato in via definitiva. Per omicidio colposo, ma mica ha mai specificato che ci sono reati di serie A e reati di serie B, no?


Insomma: liberta', democrazia e legalita', quasi il motto della Rivoluzione Francese, in Italia hanno significati differenti a seconda di chi pronuncia queste parole.

E di chi le ascolta, ovviamente...


BP

Posted via email from panofski's posterous

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